San Filippo Neri a Roma: itinerario sulle tracce del santo della gioia

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Ripercorriamo l’itinerario biografico e spirituale di San Filippo Neri, a Roma

Il fiorentino San Filippo Neri è considerato uno dei grandi santi moderni di Roma.

Dotato di grande carisma e spiritualità è stato ricordato come un nuovo San Francesco del Rinascimento. Un grande mistico ma anche un uomo del popolo amava trascorrere il tempo per le strade e le piazze di Roma, coinvolgendo il popolo con arguzia e allegria. La gente lo chiamava “Pippo buono”.

Ripercorrere l’itinerario spirituale di San Filippo Neri a Roma significa immergersi nel cuore del centro storico, passeggiando fra i rioni Parione, Regola e Ponte, sulla sponda del Tevere a pochi passi da Castel Sant’Angelo.

Scopriamo i luoghi che hanno visto in azione, San Filippo, il santo della gioia, che amava ripetere, senza sosta: “scrupoli e malinconia via da casa mia”.

San Filippo Neri l’arrivo a Roma

Nel 1535 San Filippo Neri arrivò nella città eterna da San Germano, Cassino, dove aveva cercato senza successo di darsi al commercio presso un parente. Ai tempi, Filippo, era un giovane senza “arte né parte”.

In un primo momento, si sistemò presso la casa di Galeotto Caccia, fiorentino, direttore della dogana, dove lavorava come precettore dei due figli, in cambio di vitto e alloggio, in una vecchia soffitta.

Il palazzetto, esiste ancora, si trova all’angolo fra piazza Sant’Eustachio e via della Dogana Vecchia.

Si può ancora vedere lo stretto cortile interno e il pozzo dove il giovane Filippo consumava il suo umile pasto a base di pane e olive.

Filippo aveva ripreso gli studi alla Sapienza, riaperta da Paolo III, l’anno prima del suo arrivo, e nel convento di Sant’Agostino, dove inizò i corsi di teologia presso lo Studium generale dell’ordine agostiniano.

Il giovane, non si sentiva tagliato per gli studi, così, lasciò l’università e iniziò a testimoniare il Vangelo per le strade di Roma, con i mercanti, gli artigiani, i banchieri e i cambiavalute.

Il suo luogo di azione era nel rione Ponte considerato la Wall Street della Roma Cinquecentesca, dove i nomi delle strade ricordano le attività che si svolgevano: via dei Banchi Vecchi, via dei Banchi Nuovi, il Banco di Santo Spirito.

San Tommaso in Parione: San Filippo viene ordinato sacerdote

Il 13 giugno 1551, San Filippo, venne ordinato sacerdote a San Tommaso in Parione una piccola cappella incastonata nelle mura del Palazzo del Governo Vecchio.

San Filippo continuò la sua attività nella compagnia della Santissima Trinità, che aveva fondato nel 1548, per dare assistenza ai convalescenti e ai pellegrini. Inizialmente la compagnia si riuniva nella chiesa di San Salvatore in Campo che, successivamente, fu distrutta, prese il suo posto il Monte di Pietà.

Nel 1558 si trasferì nella chiesa di San Benedetto in Arenula adiacente a un monastero benedettino, che venne demolita nei primi anni del Novecento.

In questo luogo, dal 1587, fu edificata la chiesa della Santissima Trinità dei Pellegrini con l’omonimo ospizio.

La chiesa di San Girolamo della Carità: il primo oratorio

L’attività principale di San Filippo si concentra nella zona della chiesa di San Girolamo della Carità, subito dopo piazza Farnese.

La chiesa di San Girolamo della Carità fu affidata a San Filippo Neri per trentadue anni, qui fondò il primo oratorio, l’espressione più alta della sua spiritualità, basata sull’amicizia, la preghiera comune, la letizia cristiana e il culto della sapienza.

Gli ambienti originali in cui San Filippo operò si trovano in via San Girolamo della carità numero 63, purtroppo, rimane ben poco dell’aspetto originale.

La stessa chiesa è stata rifatta nella metà del Seicento, come la cappella dedicata al santo, realizzata da Filippo Juvara, che risale al 1708.

Malgrado tutto, visitando il complesso di San Girolamo della carità è impossibile non percepire il fascino spirituale di quello che possiamo definire il primo cenacolo filippino a Roma e nel mondo.

La chiesa di San Giovanni dei Fiorentini

San Filippo fu chiamato a fare il rettore della nuova chiesa dei fiorentini all’imbocco di via Giulia, a pochi ta passi dal Tevere. Soprannominata “il confetto succhiato” per via dell’alta cupola realizzata da Carlo Maderno.

Il santo svolse l’incarico di rettore della chiesa per dieci anni fino al 1575. In questa chiesa, si aprì una seconda comunità dell’Oratorio.

Purtroppo, anche in questo caso i locali dell’Oratorio sono stati sostituiti da edifici novecenteschi durante il riassetto urbanistico dell’area.

Tra i pochi oggetti superstiti, conservati all’interno della chiesa, all’inizio della navata centrale, troviamo la nuda croce di legno venerata dal santo.

La chiesa di Santa Maria in Vallicella

San Filippo Neri era diventato noto in tutta Roma grazie al suo impegno e all’attività dell’Oratorio. Per questo, Gregorio XIII concesse ai filippini la chiesa di San Giovanni, in un avvallamento poi colmato (La Vallicella), zona malfamata del rione Parione.

Al posto di San Giovanni fu eretta la chiesa di Santa Maria in Vallicella, la Chiesa Nuova, che diede il nome alla piazza nello slargo barocco di Corso Vittorio Emanuele.

San Filippo si trasferì qui nel 1578 e collaborò con l’architetto Martino Longhi il Vecchio al progetto della chiesa che sarà edificata in tempi record, prima della sua morte.

L’itinerario filippino a Roma

L’abitazione di San Filippo e dei suoi discepoli, che si trovava di fianco alla chiesa, andò distrutta in un incendio nel 1620. I padri filippini hanno allestito uno spazio dietro la chiesa dove hanno ricostruito gli ambienti collocandovi i ricordi e le reliquie del santo.

Dietro il muro della cappella di San Filippo, all’interno della chiesa Nuova, dove si conserva il suo corpo, è stata posta una parete autentica della camera da letto, dove morì il 26 maggio 1595.

È impossibile stabilire precisamente un itinerario filippino a Roma visto che il santo si introduceva ovunque, nelle botteghe, nei palazzi nobiliari, tra la plebe, tutti erano testimoni delle sue virtù della sua carità.

Persino nella zona dell’Agro Romano si ricorda Pippo Buono che visitando di notte le chiese paleocristiane.

Infatti, diede nuovo impulso all’itinerario le Sette Chiese che per secoli fu il più frequentato di tutti i pellegrinaggi romani.

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